La Sala del Trono della Reggia di Caserta

Il fasto dello stile Impero e della corte di Re Ferdinando II di Borbone

Storia della Sala del Trono

Dall’Anticamera degli Ambasciatori (detta Sala di Astrea) si accede alla Sala del Trono la quale, dopo la Grande Galleria, è la più grande della Reggia di Caserta.
Fu particolarmente lungo e complicato l’iter progettuale di questa Sala, che si concluse solo nel 1845 sotto il regno di Re Ferdinando II, con la direzione dell’architetto Gaetano Genovese, in occasione del Congresso della Scienza che nel 1845 si tenne in Napoli. Prima che fosse completata, fu usata come Sala del Trono l’Anticamera per i non Titolati.

Inizialmente avrebbe dovuto progettarla l’architetto De Simone, l’autore delle precedenti Sale dette di Marte e di Astrea, che tra l’altro avendo già pronto il progetto sin dal 1809, fu in grado di far subito iniziare i lavori. Ma i nemici del De Simone, non si sa come, fecero si che venisse sostituito dall’architetto Pietro Bianchi da Lugano, che già da sette anni stava costruendo la basilica di S. Francesco di Paola in Napoli su ordine del Re che la volle come ringraziamento al Santo per avergli ridato il Regno. Certamente il De Simone fu anche svantaggiato per essere stato l’architetto dei Murat. Il progetto del Bianchi non fu mai completato, in quanto prevedeva la creazione di nicchie con grandi statue dei Borbone e colonne piatte nelle pareti già fatte, ma ciò avrebbe causato problemi di staticità all’edificio. Risolto il problema, i lavori ripresero fino a quando, nel 1830, morì il Re.

La Sala

 

La Sala per oltre cinquanta anni rimase priva di decorazioni, fino a quando Francesco I nel 1824 affidò l’incarico del progetto decorativo all’architetto Pietro Bianchi. Questo progetto non fu mai completato, in quanto prevedeva la creazione di nicchie con grandi statue dei Borbone e colonne piatte nelle pareti già fatte, ma ciò avrebbe causato problemi di staticità all’edificio. Risolto il problema, i lavori ripresero fino a quando, nel 1830, morì il Re.

Nel 1839 continuarono sotto la direzione dell’architetto Gaetano Genovese, che stava già lavorando nel Palazzo Reale di Napoli, ma furono poi sospesi per motivi finanziari o di gusto ormai mutato. Finalmente nel 1843 fu dato incarico al Genovese di eseguire l’opera secondo i nuovi disegni da lui preparati in quanto, in occasione del prossimo Congresso della Scienza che si sarebbe tenuto in Napoli nel 1845, il Re Ferdinando II desiderava mostrare tramite questa Sala il fasto della sua Corte. Fu completata in due anni.

Pietro Bianchi – Modello del progetto per la Sala del Trono

Gaetano Genovese – Primo progetto per il soffitto della Sala del Trono, 1838

Gaetano Genovese – Primo progetto per le pareti lunghe della Sala del Trono, 1838

Descrizione

Le pareti lunghe sono scandite da coppie di colonne piatte scanalate con capitelli corinzi le quali poggiano su uno zoccolo marmoreo che corre tutt’intorno al perimetro della Sala; ad esse si alternano, sul lato meridionale, le grandi finestre e, sul lato settentrionale, le porte di comunicazione con gli ambienti di servizio e secondari. Le pareti brevi, invece, sono scandite ciascuna da due coppie di colonne piatte tra le quali sono state collocate due “Fame” (ciascuna per parete) in rilievo ed opera di due scultori diversi, (Tito Angelini e Tommaso Amaud); ai lati delle due coppie di colonne piatte, su ciascuna parete, si aprono passaggi – di minore altezza rispetto a quelli del lato settentrionale – che conducono alle Sale adiacenti.

Il soffitto è una volta a botte con finestre a lunetta (vere nel lato sinistro e finte nel destro), ed ha una ricca decorazione tardo impero con al centro il dipinto di Gennaro Maldarelli. La pavimentazione della Sala è interamente realizzata in cotto dipinto ad imitazione del marmo.

Il Genovese portò a Caserta gli stessi artisti che lavoravano con lui alla decorazione dello Scalone d’Onore nel Palazzo Reale di Napoli e cioè gli scultori Gennaro ed Antonio Cali, Francesco Liberti, Angelo Solari, Gennaro De Crescenzo, ai quali aggiunse gli ornatisti Cariello, La Rosa ed altri. Costoro eseguirono gli stucchi della volta, i trofei sulle pareti ed i medaglioni del fregio coi ritratti, talvolta immaginarli, dei sovrani che governarono il regno, da Ruggero il Normanno, a Ferdinando I, fatta esclusione di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat.

I fratelli Cali ed il Solari, insieme a Tito Angelini ed a Tomaso Arnaud autori dei due gruppi ad altorilievo, erano fra i più noti e stimati artisti napoletani di quel tempo, soprattutto per le statue di Santi da loro scolpite per l’interno della chiesa di S. Francesco di Paola.

Dettaglio

Un angolo della Sala

Il fregio al di sopra delle colonne piatte è riccamente decorato con cornucopie, grottesche e 44 medaglioni con tutti i Re di Napoli tranne Giuseppe Bonaparte e Joachim Murat. Notare i gigli borbonici al centro dei capitelli.

Decorazioni ed arredi della Sala del Trono

L'affresco ed il soffitto

Il soffitto a botte è una profusione di stucchi dorati in stile tardo Impero. Al tempo vi erano dieci lampadari, poi scomparsi (vedi sotto).

L’affresco

Gennaro Maldarelli – affresco con la “Cerimonia della posa della prima pietra”,1844

Dettaglio del soffitto. Notare i gigli borbonici su fondo argento

Vista da sotto l’applique

Arredi

Applique in bronzo dorato e cristallo, anno 1840-45. Al tempo era dotata di doppia alimentazione candela ed olio

Il trono ha due leoni alati come braccioli, e dietro due sirene. è del 1845 in stile transizione, quando lo stile Impero si stava tramutando in Neobarocco. Anche gli sgabelli sono nello stesso stile.

Ricostruzione virtuale

La profusione di dorature su fondo bianco doveva creare un effetto meraviglioso al tempo in cui vi erano ben dieci enormi lampadari in cristallo poi portati via dai Savoia dopo l’Unità d’Italia e finiti, per un breve periodo, addirittura nella città di Cettigne in Montenegro! Attualmente non si ha certezza di dove sia trovino.

Ricostruzione virtuale con i dieci lampadari scomparsi

Ricostruzione vs oggi

Foto vintage della Sala del Trono

La Reggia di Caserta durante la Seconda Guerra Mondiale fu occupata dapprima dai nazisti, dopo dagli americani. 

Soldati durante la Seconda Guerra Mondiale

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