L’Anticamera per i non titolati” è oggi conosciuta come Sala d’Alessandro per via dell’affresco con “Le nozze di Alessandro Magno e Rossane” dipinto da Mariano Rossi nel 1786, pittore molto rinomato nell’ambito dell’Accademia di San Luca, nella cerchia del Bottani e dall’Albani e acquistando notevole fama presso la committenza illuminata della fine del Settecento. Scopo dell’affresco era, ovviamente, celebrare i fasti della Dinastia Borbonica.
L’affresco, pagato 5000 ducati, raffigura un corteo di uomini e donne, riccamente abbigliati, per celebrare i fasti della monarchia borbonica e le alleanze matrimoniali che garantiscono la sopravvivenza della dinastia e la pace nel regno. Il rifiorire della pace è simboleggiato dalle divinità Bacco, Marte ed Ercole a riposo tra le fiere mansuete.
Nacquero problemi tra l’architetto Carlo Vanvitelli ed il pittore Mariano Rossi. Infatti, terminato l’affresco della Sala di Alessandro, l’esile ordine corinzio delle pareti sembrò troppo esile per esser proporzionato al gigantismo delle figure rappresentate. L’architetto non volle distruggere il bellissimo cornicione già ultimato e preferì modificare la colonna piatta rendendola più massiccia abbandonando l’ordine corinzio.
Lo stesso Mariano Rossi riceverà, nel 1805, l’incarico di anche i due grandi dipinti entro le cornici a stucco, intagliate da Carlo Beccalli e Giuseppe Zappi, non realizzati per la sopravvenuta morte del pittore.
Quando Ferdinando fuggì in Sicilia la Sala di Alessandro non era compiuta, ma lo fu sotto il regno di Gioacchino Murat (1805-1815), il quale vi fece eseguire sei sovrapporte in altorilievo con episodi della sua vita mentre, sulle pareti maggiori dove si prevedevano dipinti dello stesso Mariano Rossi (morto nel frattempo), volle che fossero dipinti:
Col ritorno dei Borbone le sovrapporte e gli affreschi celebrativi di Murat, ovviamente, furono distrutti e sostituiti da intonaco. Passarono undici anni e nel 1826 erano pronte le due grandi tele sostitutive per la Sala di Alessandro:
Riguardo le sovrapporte l’architetto Niccolini affermava che dovevano essere delle tele di soggetto romano per non stonare coi quadri del Camuccini ma, quest’ultimo, volle episodi della vita d’Alessandro, ottenendo l’approvazione del Re. Quando i pannelli furono pronti, il Re ritenne sconveniente che in una sala di marmo si inserissero finti altorilievi, così l’architetto Niccolini li fece realizzare in scagliola dagli scultori Tito Angelini e Gennaro Cali, molto consigliati dal famoso scultore Bertel Thorvaldsen. D’altronde il progetto inziale di Carlo Vanvitelli prevedeva sei sovrapporte ad altorilievo dedicate ad Alessandro Magno.
I quadri del Camuccini, invece, furono portati inizialmente al Palazzo Reale di Napoli, poi alla reggia di Capodimonte e vi si sostituirono due tele in omaggio a Re Carlo di Borbone, fondatore della Dinastia:
Solo nel 1850, con la sistemazione delle attuali tele, venne completata la decorazione dell’Anticamera per i non titolati
Al suo ritorno, Re Ferdinando eliminò tutto ciò che celebrava Murat e Napoleone, ma rimase titubante di fronte ai bellissimi mobili che Giuseppe Bonaparte aveva portato da Parigi, in quanto essi avevano la tappezzeria ricamata con la lettera G di Giuseppe Bonaparte. Pertanto tale lettera fu coperta col monogramma di Ferdinando in modo da salvare tali arredi. Per assurdo, se Napoleone fu estremamente odiato da tutti i sovrani europei i cui regni furono conquistati, lo stile Impero fu estremamente amato da tutti i sovrani europei, che lo mantennero per altri 30 anni.
Il camino è decorato con un Ritratto di Alessandro Magno coronato d’alloro.
Link esterno