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Luigi Vanvitelli, l'Architetto della Reggia di caserta

Luigi Vanvitelli fu un genio rivoluzionario dall’animo concreto ed instancabile, e padre dell’architettura neoclassica. Fu ammirato da tutti, ed invidiato da molti.

Luigi Vanvitelli, (Napoli, 1700 – Caserta, 1773) fu un architetto, ingegnere, scenografo e pittore italiano. Nato dal famoso vedutista Gaspar van Wittel, divenne subito popolare per le sue spiccate doti artistiche, tanto da ricevere da subito le lodi di Filippo Juvarra, uno dei principali architetti barocchi.

Rinnovò profondamente l’architettura, ebbe molti allievi, imitatori e seguaci, tanto che, col tempo, il suo stile si diffuse talmente in Italia ed Europa, da crearne uno nuovo: l’architettura neoclassica.

Luigi Vanvitelli progettò e restaurò innumerevoli opere in tutta Italia. Le sue notevoli capacità lo fecero divenire il principale architetto del Papa, ma gli attirarono numerose invidie ed antipatie. A Roma, tra i tanti lavori, vi fu anche la messa in sicurezza della cupola di San Pietro.

Il nuovo re di Napoli, Carlo di Borbone, per creare il nuovo centro nevralgico del suo regno, chiese a Vanvitelli di progettare la nuova città di Caserta, di cui la Reggia ne era il fulcro. Il progetto, stampato e diffuso subito in tutta Europa, suscitò grande ammirazione nei sovrani, ma gli attirò grandi antipatie ed anche episodi di mobbing.

Dopo la morte di Luigi Vanvitelli , avvenuta nel 1773, i lavori della Reggia furono continuati dal figlio Carlo.

Le origini di Luigi Vanvitelli

Luigi Vanvitelli, (Napoli, 1700 – Caserta, 1773) personalità difficilmente inseribile all’interno di uno stile particolare, in quanto non più pienamente Barocco, ma contemporaneamente anticipatore dello stile successivo, quello Neoclassico. Figura di transizione quindi, in una società dai profondi cambiamenti sociali e di pensiero, che visse la transizione dalla monarchia assoluta, ad una di monarchia di tipo illuminista. Vanvitelli ne rispecchia pienamente le contraddizioni, riassumendole ed integrandole nella sua figura.

Luigi Vanvitelli nacque il 12 maggio 1700 a Napoli, dove il padre, il celebre pittore vedutista Gaspar Van Wittel, era stato chiamato dal viceré di Napoli Luis Francisco de la Cerda y Aragón, duca di Medinaceli, per decorare gli ambienti del Palazzo Reale. Fu proprio in onore del viceré che al padre venne imposto di dare al figlio il nome di Luigi (versione italianizzata di Luis).

Crebbe a Roma sotto la guida del nonno materno, Andrea Lorenzani – artista anch’egli -, e del padre, che gli passava talvolta i suoi album da disegno invogliandolo a continuare. Luigi venne educato al gusto della classicità tramite l’osservazione diretta dei tanti grandiosi monumenti romani antichi e moderni.

 

Piazza Navona - G. van Wittel Piazza Navona - G. van Wittel

(Gaspar van Wittel era il padre di Vanvitelli, il cui cognome originario fu italianizzato)

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La firma di Luigi Vanvitelli

L'inizio della carriera

Nel 1715, Filippo Juvarra, uno dei principali architetti barocchi, era a Roma per progettare una nuova sacrestia per la Basilica Vaticana, ebbe modo di esaminare i disegni di Luigi Vanvitelli e, come racconta Lione Pascoli:

“… glieli lodò assaissimo, e mostrò di meravigliarsi, che in giovanile età oprasse da provetto. L’esortò a perseverare ne’ cominciati studi dicendoli che miglior fortuna fatta avrebbe in questi, che in quelli della pittura, perché molti erano i pittori che allora con fama esercitavano l’arte, e rari gli architetti.”

Ciò spronò fortemente la vena artistica di Luigi Vanvitelli, che considerava Juvarra un Maestro, e fu così che divenne stretto collaboratore ed assistente del padre, dai cui quadri apprese quel tipico stile fatto di ampi spazi pieni di luce evidente nelle sue architetture. D’altronde nelle vedute di Gaspar Van Wittel, gli elementi architettonici e urbanistici prevalgono rispetto alle figure, quasi come se l’architettura divenisse essa stessa paesaggio naturale. Il “paesaggio reale”, contrapposto al “paesaggio ideale”, è l’insegnamento più profondo e più valido di Gaspar va Wittel.

Dopo i primi passi come scenografo e come pittore, nel 1726 divenne aiuto architetto di G. Antonio Valerio a S. Pietro ed acquisì sempre maggiore prestigio nell’ambiente culturale romano, tanto che nel 1728 venne accolto nell’Accademia dell’Arcadia, accademia letteraria nata per controbattere il cosiddetto “cattivo gusto” del Barocco, tramite il ritorno a forme più classicheggianti.

Per quanto riguarda, invece, le vicende architettoniche, non possiamo ignorare le influenze che Luigi Vanvitelli maturò dagli architetti delle precedenti generazioni, non solo italiani. Tra le varie influenze ricordiamo principalmente, oltre al già citato Filippo Juvarra, anche i principali architetti operanti in Austria, Germania, Spagna, la équipe che iniziò i lavori di Versailles, composta da Louis Le Vau, André Le Notre e Charles Le Brun, nonché i protagonisti del classicismo barocco. L’attività di Luigi Vanvitelli presuppone l’attività della prima generazione di architetti barocchi: Pietro da Cortona, Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e il più giovane Guarino Guarini. In realtà lo spessore storico dell’opera di Luigi Vanvitelli risulta più esteso (affonda le sue radici nel sec. XVII) che non quello delle vicende politiche e culturali, aventi principio con gli inizi del ‘700.

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La conchiglia: quasi un logo per Vanvitelli, la si può ritrovare in numerose sue opere romane e campane, ed usata in diverse forme.

Il pensiero di Luigi Vanvitelli

Luigi Vanvitelli non rimase indifferente all’orientamento illuminista napoletano e delle altri capitali europee. Tra i principali caratteri di questo movimento culturale vi sono:

 

  • il richiamo all’attivismo e alla produttività,
  • il carattere “riduttivo” e divulgativo delle acquisizioni culturali maturate all’estero,
  • il problema della lingua nel campo dell’insegnamento e della ricerca scientifica;
  • la nascita di una più moderna concezione urbanistica,
  • la funzione dei salotti aristocratici,
  • il nuovo ruolo della donna nella società
  • la scoperta di Ercolano e Pompei
  • ecc.

Il tema della riscoperta di Ercolano e Pompei non appare mai nelle lettere di Luigi Vanvitelli al fratello Urbano. Molto probabilmente egli non nutriva alcun interesse per l’archeologia e l’antiquariato.

Da uomo pratico qual’era, Vanvitelli odiava le teorie piu concettuali ed erudite, così come aveva una notevole avversione per la teoria e critica architettonica:

“Non vi fidate in cose ardue del consiglio di uomini di bell’ingegno, ma bensì di uomini maturi e riposati; perché i bell’ingegni per lo più sono inquieti, perciò non possono avere consiglio sano come l’ànno gli uomini modesti e gravi. Sappiate che le cose grandi, e specialmente gli Stati si governano più con la riputazione e con la vigilanza che non si faccia cosa nova, se non molto ben pensata, che con altri mezzi. Ma la vivacità del bell’ingegno suol produrre effetti tutti contrarii, e spesse volte turbare i buoni, perché è in sé stesso inquieto. E tenete per cosa certa che ove non è sodezza non può essere prudenza”.

Egli quasi certamente riteneva che il codice architettonico fosse qualcosa di definitivamente acquisito e tanto elastico da inglobare le deroghe barocche:

“Rinascimento in poi la storia dell’architettura si fosse svolta senza soluzione di continuità, per cui all’architetto militante era dato soltanto utilizzare detto codice, servirsi dei suoi termini per esprimere opere-messaggi.”

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L'opinione su Versailles

Versailles, come risaputo, fu la pietra di paragone di tutti i palazzi reali d’Europa nel XVII e XVIII secolo. Su Versailles conosciamo il parere che Luigi Vanvitelli espresse nel 1760, quando esamina un volume coi progetti architettonici dell’intero complesso di opere volute da Luigi XIV: un giudizio sommario e assolutamente negativo.

“Ho procurato di avere un libro in foglio, ove sono espresse le fabbriche del Louvre e le Tuiglerie di Parigi, il pensiero del Bernino per il Louvre, che non fu posto in opera, il Palazzo di Versaglies in tutte le sue parti. Oh Dio che robba è questa! Mi costa 23 ducati, tanto caro lo vendono; per altro mi à dato consolazione: in Versaglies non vi è niente, e nel resto vi è poco;…”

Nonostante questa opinione espressa, tuttavia, Luigi Vanvitelli confronta costantemente la sua opera con quella francese, come dimostra il seguente brano riguardante la cappella:

“La Cappella mia di Caserta, egli sostiene, sarà il miglior pezzo e quella di Versaglies è cosi cattiva, sproporzionata in tutto, quantunque piena di bronzi dorati, che assolutamente è una pessima cosa, ma non è la Cappella di Versaglies che mi à astretto a fare la loggia intorno; è stato l’ordine del Re, che à voluto che la Corte stesse tutta sotto il suo occhio quando sono i corteggi e bacia mani. Lande dicono male questi Signori; di più ò ridotto il tutto in buona simmetria di Architettura e comodo, e cerchino se questo tali comodi siano altrove’’.

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I primi lavori

Urbino

La Cappella Albani

Il primo incarico di un certo rilievo fu nel 1728 a Urbino dove eseguì il restauro del palazzo Albani in Urbino, e costruì la Cappella Albani nella chiesa di S. Francesco.

Roma

Progetto per la Fontana di Trevi

Le buone prove offerte in quest’occasione gli procurarono la nomina ad architetto della Reverenda camera apostolica e l’incarico di realizzare in una frazione di Roma l’acquedotto del Vermicino, che completò nel 1731. Nell’opera gli era stato collaboratore l’amico fraterno Nicola Salvi, che gli fu concorrente più fortunato al concorso per la fontana di Trevi. In questi anni, infatti, vennero banditi due concorsi: uno per la facciata di S. Giovanni in Laterano, l’altro per la fontana di Trevi. Luigi Vanvitelli partecipò ad entrambi, ma il primo se lo aggiudicò il Galilei, il secondo, Nicola Salvi.

Ancona

Lazzaretto – Ancona 

I suoi progetti, però, colpirono talmente gli esaminatori, tanto che a lui vennero affidate le opere da realizzare in Ancona: il Lazzaretto ed il Porto. Il progetto del Lazzaretto è del 1734. I lavori cominciarono subito ma si protrassero a lungo per varie difficoltà soprattutto di carattere politico locale.

Dopo molte polemiche i lavori di Ancona vennero sospesi nel 1740 per essere ripresi solo nel 1754, sul finire del pontificato di Benedetto XIV, ma affidati a Carlo Marchionni. Luigi Vanvitelli rimase molto amareggiato per non essere stato chiamato a completare l’opera, che, tuttavia, fu ultimata secondo i suoi disegni. In Ancona, intanto, aveva compiuto anche altri lavori: la Cappella delle Reliquie nella Cattedrale di S. Ciriaco nel 1739; la chiesa del Gesù nel 1743, in cui compare per la prima volta, come elemento decorativo, la conchiglia, che poi diventerà tipico del suo stile; la chiesa di S. Agostino, ormai trasformata in dormitorio della Marina, il Palazzo Bourbon del Monte, oggi Jona, ed altre fabbriche di cui s’è persa notizia.

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Il ritorno a Roma

Luigi Vanvitelli era ritenuto dalla Chiesa degno di succedere al genio di Michelangelo e, pertanto, nel 1742 fu chiamato a risolvere i problemi statici determinatisi alla cupola di San Pietro, simbolo universale della Cristianità e ancor prima icona – insieme al Colosseo, agli Archi di trionfo, agli obelischi e alla cupola del Pantheon – di Roma Caput Mundi. La cupola, quasi sin dal suo completamento, diede sempre forti preoccupazioni, ed nel 1742 era considerata in pericolo di crollo. Da “Architetto della Reverenda Fabbrica” di San Pietro, dopo accurati rilievi ed analisi, Luigi Vanvitelli presentò, il 20 settembre 1742, una relazione con la quale denunciava la gravità dei danni e proponeva la cerchiatura in ferro della cupola, danni confermati anche da una commissione di tre matematici nominata dal papa. L’aver scelto la proposta di Luigi Vanvitelli , scatenò una violenta polemica tra i vari personaggi incaricati dalla corte pontificia, tra cui il Fuga. Il Papa, dopo aver nominato altre tre commissioni, si decise a chiedere l’arbitrato di Giovanni Poleni, celebre matematico ed architetto padovano, il quale preferì le proposte del Vanvitelli, lodando soprattutto l’originalità del metodo per stringere i cerchi. Così, finalmente, i lavori vennero affidati a lui ma il successo del ’impresa fu amareggiato dalle aspre critiche mossegli dal Fuga e da monsignor Giovanni Gaetano Bottari, che, addirittura, pubblicò un fascicolo anonimo contro di lui. Pieno di elogi, invece, fu sempre il Poleni che lodò apertamente le sue opere, compreso il progetto per la facciata del Duomo di Milano, redatto nel 1745 su richiesta di Giorgio Pio Pallavicini.

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La Cappella Reale di Lisbona in Portogallo

Negli stessi anni gli venne commissionato il progetto per la Cappella Reale di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Rocco a Lisbona, inizialmente destinata al Salvi, ma questi, anche per problemi di salute, aveva chiesto l’intervento di Vanvitelli. Mentre ancora erano in atto i lavori per la cappella di Lisbona, nel 1746, Vanvitelli poneva mano alla costruzione del convento di S. Agostino, a Roma. I lavori si protrassero per oltre 10 anni, per cui egli, occupato a Caserta, dovette affidarne l’esecuzione al Rinaldi prima e al Murena poi. Nel 1748 gli fu affidato il restauro di un’altra chiesa michelangiolesca: S.Maria degli Angeli, costruita sulle rovine delle Terme di Diocleziano. Nonostante ogni accorgimento, anche quest’opera venne aspramente criticata soprattutto da quel monsignor Bottari, irriducibile oppositore del Vanvitelli e fautore del Fuga, suo conterraneo. Tra le altre numerose opere di questi anni ricordiamo almeno la sistemazione dei porti di Anzio e di Fiumicino, anch’esse accompagnate da uno strascico di polemiche.

Da Roma a Napoli

Nel 1751 si trasferì a Napoli, al servizio del giovane e ambizioso re Carlo III di Borbone, il quale gli aveva commissionato la realizzazione della Reggia di Caserta. Vedi Storia della Reggia

Da artista instancabile, mentre realizzava la Reggia, contemporaneamente era impegnato con importanti lavori pubblici per il Papa, e contemporaneamente eseguiva altri lavori per la nobiltà romana e napoletana. Quando gli Asburgo, la famiglia reale austriaca, gli proposero anche la ristrutturazione del palazzo reale di Milano, Vanvitelli la dovette affidare ad un architetto della sua cerchia, il folignate Giuseppe Piermarini.

Un’attività enorme, senza che nulla fosse lasciato al caso, improvvisato o trascurato. Nella mente del Vanvitelli ogni problema trova sempre una duplice soluzione: artistica e pratica. La sua regola era “l’unione dell’utile e del bello”. L’acquedotto Carolino può essere citato come tipico esempio: dopo aver dato vita alle cascate ed alle fontane del Parco, l’acqua sarebbe stata incanalata verso Napoli per i bisogni della città.

Vanvitelli non ebbe sempre rapporti positivi con gli artisti napoletani. Egli aveva una concezione stilistica prettamente classica, perciò rifiutava in ogni modo di collaborare con artisti quali, ad esempio, Giuseppe Bonito, direttore della Reale Accademia di Belle Arti, e gli altri come lui ancora molto legati allo stile barocco. Invece apprezzava altri artisti quali, ad esempio, Sebastiano Conca. In ogni caso per la decorazione della Cappella Palatina, furono coinvolti entrambi.

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La Reggia di Caserta

Nel 1750 il Re di Napoli, Carlo di Borbone, portò Vanvitelli nella progettazione di una nuova reggia che fu progettata per la città di Caserta, facilmente raggiungibile dalla capitale, ma differisce da essa, poiché era Versailles da Parigi. Il palazzo, che doveva sorgere nei pressi di una nuova città (realizzata poi in tempi successivi, in maniera caotica, senza tener conto delle idee del Vanvitelli), era rifornito d'acqua dal monumentale Acquedotto Carolino, progettato dal Vanvitelli su il modello delle opere idrauliche dell'antica Roma.

La Reggia di Caserta, definita l'ultima grande creazione del barocco italiano, è sicuramente la sua opera più importante. Curatissima nei dettagli e si estende su quattro monumentali cortili, l'edificio è fronteggiato da uno spettacolare parco che sfrutta il pendio naturale del terreno per articolarsi in una gigantesca cascata artificiale, scandita da una serie di fontane e statue di marmo. Alcune delle parti più scenografiche sono senz'altro lo scalone monumentale, la cappella ed il teatro di corte. Privo delle quattro torri angolari e della cupola centrale, che avrebbero dovuto movimentarne la mole, il palazzo è divenuto fonte di ispirazione per tutti gli architetti successivi.

Dopo la sua morte i lavori al palazzo furono proseguiti dal figlio Carlo (Napoli, 1739 – 1821).

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La veduta a “volo d’uccello” del Vanvitelli, col primo progetto della Reggia. Notare il Parterre mai costruito per mancanza di fondi

Prospetto tratto dalla Dichiarazione dei Disegni del Real Palazzo di Caserta, Luigi Vanvitelli. Tali progetti furono fatti circolare in tutte Europa, ispirando tutti gli architetti del tempo.

Esempi di opere ispirate alla Reggia di Caserta

Osservando tutte le architetture costruite o modificate dopo la pubblicazione della Dichiarazione dei Disegni Reggia di Caserta, spesso è possibile riconoscerne l’influenza. Ad esempio, lo Scalone d’Onore della Reggia di Caserta, fu preso a modello per la costruzione dei piu bei scaloni mondiali. E’ facile infatti ritrovarne lo stile (scalone centrale da cui si dipartono due scaloni laterali che si concludono in una grande parete tripartita) anche tramite una semplice ricerca web di immagini.

L’ispirazione fu presa spesso dal progetto iniziale che fu stampato e diffuso in tutta Europa, ma che fu modificato in un secondo momento. 

Gli allievi di Luigi Vanvitelli ed i seguaci del tempo

Questi furono i principali allievi e seguaci dell’epoca di Luigi Vanvitelli che trassero ispiriazione dal suo insegnamento. Coloro che ad essi ed a Vanvitelli si ispirarono, aumentando sempre più col tempo arrivarono a creare un nuovo standard di architettura: il Neoclassico.

In Italia

  • Francesco e Arcangelo Vici,
  • Pier Francesco Palmucci,
  • Girolamo Mezzalancia
  • Paolo Soratini
  • Carlo Orazio Leopardi
  • Francesco Matelicani
  • Carlo Marchionni
  • Francesco Maria Ciaraffoni
  • Antonio Rinaldi
  • Lorenzo Daretti
  • Virginio Bracci
  • Giovanni Andrea Lazzarini
  • Tommaso Bicciagli
  • Andrea Vici
  • Giuseppe Tranquilli
  • Mattia Capponi
  • Giuseppe Lucatelli
  •  
  • Gaetano Sintes
  • Carlo Murena, discepolo prediletto
  • Domenico Giovannini
  • Virginio Bracci
  • Andrea Vici
  • Ermenegildo Sintes
  • Pietro Bernasconi, capomastro della Reggia di Caserta
  • Francesco Sabatini
  • Marcello Fonton
  • Filippo Retrosi (successore del Giovannini a Caserta)
  • Francesco Collecini (l’allievo più dotato del Vanvitelli)
  • Giovan Battista Vaccarini
  • Giuseppe Piermarini
  • Antonio De Simone
  • Carlo Vanvitelli (primogenito di Luigi)
  • Martino Biancourt (capo giardiniere del parco)
  • Antonio Rosz (carpentiere ed ebanista)
  • Carlo, Giovanbattista e Crispino Patturelli
  • Domenico Brunelli, Giovan Battista Fontana e Leonardo Pinto
  • Pietro Vanvitelli e Francesco Vanvitelli (figli)
  • Giovanni Patturelli
    • Nicola Tagliacozzi
    • Bartolomeo Vecchione
    • Luca Vecchione
    • Gennaro Papa
    • Giuseppe Astarita
    • Gaetano Barba
    • Carlo Galli da Bibiena
    • Carlo Vanvitelli
    • Pompeo Schiantarelli
    • Ignazio Di Nardo
    • Giovanbattista Broggia
    • Francesco Sicuro
    • Vincenzo Ruffo
    • Gioacchino Avellino
    • Giovan Battista Vaccarini
    • Stefano Ittar
    • Venanzio Marvuglia
    • Saverio Ricciulli
    • Pompeo Schiantarelli
    • Ignazio De Juliis
    • Antonio Magri
    • Vincenzo Ruffo
    • Giuseppe Astarita
    • Gaetano Barba
  • Carlo Murena
  • Giovan Pietro Cremoni
  • Pietro Bernasconi
  • Antonio Stefanucci
  • Pietro Carlo Borboni
  • Giuseppe Antonio Landi
  • Cosimo Morelli
  • Camillo Morigia
  • Giuseppe Pistocchi
  • Giuseppe Piermarini
  • Simone Cantoni

In Spagna

  • Marcello Fonton
  • Francesco Sabatini
  • Pietro e Francesco Vanvitelli

In Belgio

  • Laurent Benoit Dewez

In Russia

  • Antonio Rinaldi

Prestigio e mobbing a corte

Durante la prima fase del periodo napoletano, Vanvitelli fu indubbiamente tra i personaggi centrali della vita di corte, riscuotendo la totale stima dei sovrani, in particolare della regina Maria Amalia.

L’architetto godette della protezione del Fogliani, il ministro più influente del periodo; si informava sulla politica internazionale attraverso il mantenimento di rapporti confidenziali con gli ambasciatori stranieri che frequentavano la corte napoletana, oltre a stringere amicizie con tutti personaggi importanti ed a partecipare a tutte le varie manifestazioni.

Per la casa napoletana di Luigi Vanvitelli passano i più illustri personaggi del tempo quali importanti politici, nobili, prelati, artisti, dal Fogliani al padre Boscovich, dall’abate Galiani al Winckelmann

Nonostante questa successo a livello professionale e pubblico, Vanvitelli nelle lettere al fratello don Urbano, monsignore a Roma, manifesta frequenti preoccupazioni ed insoddisfazioni, sia per i rapporti con Ferdinando Fuga (che gli fu sempre rivale) sia per il trattamento economico, che considerava inadeguato all’ attività svolta, e sperava che la stima che i sovrani avevano per lui, che ciò gli garantisse una vvenire sicuro.

Intanto già cominciavano a Corte i primi contrasti ed ostruzionismi: un giorno fu costretto a rivolgere una supplica a Tanucci, per ottenere la carbonella per il braciere per riscaldare il suo ufficio di Caserta, carbonella tra l’altro già distribuita agli altri uffici:

Caserta 14 Settembre 1756

Eccellenza Avendo il Sig.e Cav.e Intendente Neroni fatta rappresentanza a V. E. che approssimandosi l’inverno mancava il fuoco necessario alla Razionalia, Segreteria ed al mio studio ove di continuo impiegati sono i miei giovani nel Real Servizio; ed avendo in sequela S. R. M. per sua clemenza aggraziato, che diasi la carbonella durante l’inverno alle officine di questa Intendenza, vi è stata alcuna persona che à spiegato il dispaccio, che non essendo io in quello nominato espressamente, debbane rimanere escluso, quasi che questo studio, non sia uno delle Officine dell’Intendenza: onde qual’ora come suppongo io debbane rimanere incluso, a seconda della rappresentanza del Sig.e Cav.e Int.te Neroni, e dell’esigenza della Stagione, supplico V. E. volersi degnare, che siami somministrata come agl’altri la conceduta carbonella, mentre con ogni rispetto ossequiosissimo sono di V. Eccell.za

Umil.mo dev.mo Oblig.mo Servitore

Luigi Vanvitelli

Nel 1759, nel pieno dei lavori della Reggia, moriva Ferdinando VI di SpagnaCarlo di Borbone dovette lasciare Napoli per succedere al fratello sul trono di Spagna. Fece appena in tempo a veder finiti i Ponti della Valle. Con questa partenza svaniva anche il sogno della nuova capitale: quella città che Maria Amalia aveva desiderato che fosse costruita “con buona direzione” e che Vanvitelli aveva già per grandi linee disegnato nel progetto generale. “‘O rre piccirillo”, come si esprime lo stesso Vanvitelli, parlando di Ferdinando IV, non poteva, per l’età, prendere decisioni. Tutto ormai era nelle mani del Tanucci, che presiedeva il Consiglio di reggenza del Regno e che aveva una notevole avversione per Vanvitelli. Tutto divenne più difficile per il Nostro. Le umiliazioni non si contano. Tanucci trovava ogni pretesto per ridurre le spese, ritardando così la costruzione. L’intendente Neroni giunse a suggerirgli di chiedere consiglio agli ingegneri militari in qualche caso difficile. Vanvitelli, risentito, rammentando la pessima prova data da costoro, rispose prontamente:

«Per altro V.E. rifletta, che se io avessi dovuto chieder consiglio per fare il Palazzo Reale, e la difficile conduzione delle acque, non averei (sic!) mai fatto il Palazzo, né queste condotte e conseguentemente, non avrei potuto servire il Re in cosa alcuna. Bastando il saggio che i più accreditati ed accetti Esperti e matematici, dopo la partenza di S.M.C. non ebbero difficoltà di assicurare la Corte ed il Ministro, essere impossibile, che l’acqua giungesse per l’acquedotto in Caserta. Or quale parere da questi io potrei giammai ricavare?».

Salvo l’amicizia dell’abate Galiani, Vanvitelli non poteva contare su nessun altro, perché tutti volevano stare dalla parte del potentissimo Tanucci, che prediligeva Fuga, toscano come lui. Alcuni lavori gli vennero sottratti. Persino il fidatissimo capomastro Bernasconi osò appropriarsi del suo progetto per la chiesa parrocchiale di Caserta. Chiamato a Benevento per il ponte sul Calore, non solo non venne pagato, ma gli fu chiesto il fitto del carrozzino usato per il sopralluogo!

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Gli ultimi incarichi di Luigi Vanvitelli

La vita mondana non lo attraeva, ma, quando gli impegni di lavoro glielo consentivano, andava a teatro, soprattutto al San Carlo, e giocava al lotto. I disagi a corte, e gli acciacchi dell’età, lo spingevano a trattenersi sempre di più a Caserta. La sua abitazione era adiacente alla chiesetta di S. Elena, tanto che egli chiese ed ottenne l’autorizzazione a praticare un’apertura nella parete, in modo da poter assistere alle funzioni religiose, rimanendo in casa.

Nonostante l’età, Luigi era sempre preso da molteplici impegni. Nel 1769 si era recato di nuovo a Milano, in compagnia del Piermarini, su invito del Conte di Firmian, per restaurare il Palazzo ducale. Il suo progetto prevedeva un ampio rifacimento della facciata, armonizzandola col vicino duomo e la sistemazione di tutta l’area circostante. La corte di Vienna, però, lo trovò eccessivo e lui, lasciato a Piermarini l’incarico, fece ritorno a Napoli. Durante il soggiorno milanese, intanto, aveva redatto anche il progetto per la Loggia di Brescia, che poi, modificato nel 1771, sarà approvato solo nel maggio del 1773, dopo la sua morte.

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Monumento a Vanvitelli nella città di Caserta

Altre opere

I biografi ricordano ancora le opere effettuate in Macerata per Gualtiero Marefoschi; in Pesaro, dove lasciò la direzione dei lavori al discepolo Antonio Rinaldi, che poi trovò fortuna alla corte degli Zar; in Loreto, dove completò il loggiato del Palazzo Apostolico, fatto dal Bramante, e aggiunse alla basilica il monumentale campanile. Forse solo disegni, la cui realizzazione fu lasciata ad altri, si ricordano per la chiesa di S. Vito a Recanati, il Convento dei Francescani a Fano, ed altro ancora. Mentre lavorava in Ancona, nel 1739 Luigi Vanvitelli venne chiamato a Perugia per costruirvi la chiesa ed il convento degli Olivetani. Il progetto, di cui si conservano a Caserta alcuni disegni, fu poi realizzato dal Murena nel 1762. Il restauro della cattedrale romanica di Foligno è l’ultima opera in Umbria. Ancora in Siena, invece, è documentata la sua attività per il progetto della chiesa di S. Agostino. I numerosi impegni nelle Marche, in Umbria e in Toscana, non gli impedivano tuttavia di curare i suoi interessi a Roma, dove conservava l’incarico di architetto della Fabbrica di S. Pietro. Dopo l’acquedotto del Vermicino, l’opera di maggior rilievo di cui venne incaricato fu, nel 1741, il restauro della villa Tuscolana dei Gesuiti a Frascati, detta anche “Rufinella” dal nome del cardinale Rufini che l’aveva posseduta. Due anni dopo a Civitavecchia erigeva la fontana del porto.

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L'ultimo progetto e la morte

Nel 1767 venne incaricato di preparare gli apparati per le nozze di Ferdinando IV con Maria Giuseppa, e, dopo la repentina morte di questa, con Maria Carolina, celebrate nel 1768. Il Re avrebbe voluto che fosse pronto il Teatro di Corte di Caserta, ma non si fece in tempo. La festa fu celebrata nel Palazzo Teora alla marina (oggi Riviera) di Chiaja dove venne allestita dal lato del giardino un’altra sala da ballo. Anche per il battesimo della reale infanta, Maria Teresa Carolina, i cui festeggiamenti si svolsero in palazzo Perrelli il 6 settembre 1772, Vanvitelli allestì nel giardino una sala da ballo a pianta ellittica. In alcune nicchie pose i ritratti di Carlo III, di Ferdinando IV, di Maria Carolina e dell’infanta. Nella volta era raffigurata la simbologia del dominio dei quattro rami della famiglia dei Borbone, della pace e prosperità che essi avrebbero portato all’umanità. Oltre alla sala da ballo, venne allestito anche un teatro provvisorio per la rappresentazione della “Cerere placata” del musicista aversano Niccolò Jommelli.

Come aveva cominciato, dunque, da pittore e scenografo, Luigi Vanvitelli concludeva la sua intensa opera d’artista. Ormai stanco, deluso, amareggiato si ritirò definitivamente in Caserta dove morì il 1 marzo del 1773. Quasi dimenticato, senza nemmeno una lapide, venne sepolto in S. Francesco di Paola, la piccola chiesa accanto al suo superbo palazzo.

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Progetto per la sala da ballo per il matrimonio di Maria Carolina d’Asburgo e Ferdinando IV di Borbone

La famiglia

Durante il periodo lavorativo ad Ancona, Vanvitelli tornava spesso a Roma preoccupato per la salute del padre, il quale nel tentativo di togliersi una cataratta, aveva già perduto completamente un occhio. Il 13 settembre 1736, a ottantatré anni, Gaspar moriva. Tre mesi dopo, il 16 dicembre, lo seguiva nella tomba la moglie. L’anno successivo, nel 1737, Luigi sposò Olimpia Starich, figlia di un contabile della fabbrica di S. Pietro. Dal loro matrimonio nacquero:

  • Carlo nel 1739. Divenne architetto, e proseguì i lavori della Reggia dopo la morte del padre;
  • Pietro nel 1741; Francesco nel 1745. Divennero architetti militari, e seguirono re Carlo di Borbone, quando egli si trasferì in Spagna per divenire Re in sostituzione del fratellastro Ferdinando VI morto nel 1759.
  • Gaspar nel 1743. Divenne magistrato a Napoli;
  • Tommaso nel 1744; deceduto dopo un mese di vita;
  • Anna Maria nel 1747, morta a 5 anni;
  • Maria Cecilia nel 1748. Sposò nel 1764 l’architetto Francesco Sabatini, allievo del padre;
  • Maria Palmira nel 1750. Sposò nel 1767 Giacomo Vetromile, avvocato e Cavaliere dell’Ordine Costantiniano.
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