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Il “Commesso in pietra dura” o “mosaico fiorentino”, è una tecnica rinascimentale che raggiunse l’eccellenza nel 1588 con la creazione dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze da parte del granduca Ferdinando I de’ Medici. Nel Seicento era utilizzata per decorare mobili e piani dei tavoli, e garantiva un efficace contrasto con le tipiche basi dorate dei tavoli e delle consòle barocche. Enrico IV e Luigi XIII istituirono i propri laboratori nel palazzo del Louvre a Parigi.
Nel 1738 nasce per volere di Carlo III di Borbone il Real Laboratorio delle Pietre Dure di Napoli. Il direttore, Francesco Ghinghi, fiorentino, portò con sé esperti che pose al servizio della Real Casa di Caserta.Proprio nella Reggia vi era anche un laboratorio, creato per l’esecuzione dell’altare della Cappella Palatina, il cui tabernacolo, uno dei più ricchi che si conoscano, era composto da ametiste, lapislazzuli, corniola, agate, da due enormi topazi usati come porte del ciborio, e da una figura del Redentore di 30 cm di altezza. Il Real Laboratorio decadde durante l’occupazione francese dei primi dell’Ottocento, Francesco I lo fece tornare all’antico splendore nel 1825, ma fu poi abolito nel 1861 subito dopo l’Unità d’Italia.
Il termine “Commesso” deriva dal latino committere (congiungere) consiste nell’accostamento a mosaico o ad intarsio di frammenti di pietre dure e semipreziose, che vengono fissati su un supporto con precisione estrema, tanto che le linee di giunzione risultino talmente invisibili da pensare di trovarsi di fronte ad un dipinto e non ad un intarsio. La decorazione più richiesta era quella naturalistica e floreale dai colori vivaci. I maestri artigiani specializzati in questa tecnica erano molto ricercati, ma i materiali preziosi richiesti dal Commesso, lo rendevano appannaggio di pochi ricchi committenti. La Scagliola creava un effetto simile a costi notevolmente inferiori.
Vi sono tre tipi di lavorazione a Commesso:
Tavolo neobarocco con commesso di pietra dura di agata, ametista, onice, legno pietrificato, etc… Si trova nella Sala di vestizione del Re
Altra tecnica che si propone di imitare l’intarsio marmoreo del Commesso, e spesso con buoni effetti mimetici, è quella della Scagliola, a questo scopo impiegata per piani di tavola, altari, lastre parietali, etc. I primi esempi documentati compaiono alla fine del XVII secolo in Germania e in Italia. I piani dei tavoli e i pannelli a Commesso, provenienti in particolare dalle manifatture granducali di Firenze, avevano costi proibitivi perciò i committenti meno facoltosi trovarono una buona alternativa nella Scagliola. Nonostante fosse nata come alternativa più economica, presto ci si accorse che la Scagliola consentiva di creare dettagli molto piu fini e precisi che nessun artista in “Commesso” era in grado di creare, tanto da divenire vera e propria arte.
Le scene prospettiche in bianco e nero erano in voga all’epoca, e la tecnica della Scagliola, grazie alla sua versatilità, si rivelò ideale per imitare il marmo, per realizzare incisioni, trompe l’oeil, intarsi in ebano e avorio e ogni effetto pittorico.
La tecnica raggiunse il culmine della perfezione nel Settecento, sia nell’arredo sia in architettura, con ampie applicazioni.
La Sala di Astrea ha le pareti in scagliola imitante il marmo Fior di Persico.
La Scagliola è un preparato simile allo stucco, che si ottiene mescolando polvere di selenite con pigmenti colorati e colla animale. Su un supporto di gesso o stucco più grossolano(talvolta rinforzato internamente), viene applicato un sottile strato di gesso Scagliola a grana molto fine. Su tale supporto viene inciso il disegno, il quale viene poi scavato,ed in seguito tali spazi scavati vengono riempito di gesso liquido colorato. Una volta asciugato il tutto viene lucidato con colla animale. Le sfumature e le ombre si ottengono inserendo minuscoli pezzi di marmo o altre pietre, oppure scavando nuovamente e riempiendo con gesso di altro colore. Per ottenere la finitura desiderata la Scagliola viene infine levigata con olio di lino.