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L’anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere (nuovo nome per l’antica Capua), è il secondo in ordine di grandezza tra tali tipi di monumenti nell’Italia antica dopo il Colosseo (170m circa sull’asse maggiore, m. 140 circa su quello minore a livello dell’arena), fu innalzato tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C. in sostituzione dell’arena meno capiente risalente ad età graccana, i cui resti sono stati individuati a Sud-Est. Della sua vicenda edilizia informa un’iscrizione dedicata da Antonino Pio, in parte conservata presso il Museo Provinciale Campano, nella quale si fa menzione dei restauri del colonnato e del nuovo arredo scultoreo fatti eseguire dall’imperatore Adriano:
COLONIA. IVLIA. FELIX. AVGVSTA CAPVA
FECIT
DIVVS. HADRIANUS AVG. RESTITVIT
IMAGINES. ET. COLVMNAS ADDI. CVRAVIT
IMP. CAES. T. AELIVS. HADRIANVS. ANTONINVS.AVG. PIVS. DEDICAVIT
“LA COLONIA GIULIA FELICE AUGUSTA CAPUA FECE, IL DIVO ADRIANO AUGUSTO RESTAURÒ E CURÒ, VI SI AGGIUNGESSERO LE STATUE E LE COLONNE, L’IMPERATORE CESARE T. ELIO ADRIANO AUGUSTO PIO DEDICÒ.”
L’anfiteatro nel 456 d.C. fù quasi distrutto durante il saccheggio di Genserico, ma fu riparato nel 530 d.C. Durante il dominio gotico e longobardo l’edificio continuò ad avere funzione di arena; poi, dopo la distruzione della città nell’841 d.C. ad opera dei Saraceni, venne trasformato in una fortezza. A partire dal periodo della dominazione sveva divenne cava di estrazione di materiali lapidei reimpiegati nella costruzione degli edifici della città. Parzialmente scavato tra il 1811 ed il 1860, fu definitivamente liberato dagli enormi ammassi di terra tra il 1920 ed il 1930, con numerosi successivi interventi di restauro conservativo nel tempo.
“A Capua c’era una notissima scuola gladiatoria, composta da soli schiavi di grande statura e forza, che venivano addestrati per dare vita a spettacoli cruenti, dove solo chi vinceva aveva la possibilità di sopravvivere”
Svetonio (I-II secolo d.C.)
Così scriveva Gaio Svetonio Tranquillo, autore del “De vita Caesarum”, nel II sec. d. C. della scuola gladiatoria di Capua, la più importante del mondo romano insieme a quella di Roma e di Pompei. Di proprietà del lanista Lentulo Batiato divenne ancor più nota grazie alla vicenda di Spartaco, il gladiatore trace costretto a combattere all’interno dell’Anfiteatro Campano contro belve feroci e contro altri gladiatori com’era diffuso in quell’epoca per divertire popolo e aristocrazia. Spartaco, esasperato dalle inumane condizioni che Lentulo riservava a lui e agli altri gladiatori di sua proprietà, decise di ribellarsi e nel 73 a. C. proprio dall’Anfiteatro capuano guidò la rivolta degli schiavi durante la quale altri 70 gladiatori lo seguirono fino al Vesuvio, prima tappa della rivolta spartachista.
La forma dell’edificio è ellittica, l’asse maggiore misura 170,28 metri e l’asse minore 139,92, mentre in altezza raggiunge i 46,06 metri. L’arena presenta le stesse dimensioni di quella del Colosseo ed è lunga 76,29 metri e larga 45,93. L’edificio, che servì verosimilmente come modello per l’Anfiteatro Flavio, appariva formato da tre ordini di arcate sovrapposte sormontate da un quarto piano costituito da una parete.
Le arcate del primo piano immettevano in un doppio portico aperto, sostenuto da pilastri e coperto a volte. La parete del quarto piano era decorata da lesene, e tra queste si aprivano delle finestre le quali illuminavano un corridoio che serviva per riporre il velario, impiegato per proteggere gli spettatori dal sole o nelle giornate di maltempo e maneggiato dai marinai della flotta di Baia.
La chiave di volta (concio posto al culmine di un arco o di una volta) di ogni arco era ornata da un busto a bassorilievo di divinità, come ci testimoniano i due ancora in loco raffiguranti Diana e Giunone. Statue intere si trovavano invece nei vani dei piani superiori e se ne conservano tre esposte al Museo Nazionale di Napoli: Adone o Apollo di Capua, Afrodite o Venere di Capua e Psiche.
L’arena è chiusa da un muro che sostiene il podio mentre i sotterranei, ancor oggi visitabili, assumono le sembianze di un labirinto e presentano pilastri di mattoni che sostengono le volte su cui poggia l’arena. Le belve destinate agli spettacoli gladiatori venivano trasferite, tramite un tunnel sotterraneo, dall’edificio detto Catabulum ai sotterranei.
Gli spettatori, invece, venivano ospitati nei 45.000-50.000 posti della cavea, distinta in bassa (podio), in media (gradinate di marmo) e alta. L’ingresso principale che consentiva di raggiungere i sotterranei e di condurvi le gabbie degli animali senza passare dai porticati è collocato invece sul lato occidentale. Sul lato orientale si trovava anche un condotto di collegamento ad una cisterna costruita in opus reticulatum, nella quale si raccoglieva l’acqua per la pulizia dei sotterranei.
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