Il Settecento fu attraversato da una interminabile polemica artistica tra i sostenitori dell’architettura greca vs romana:
In questa polemica si colloca il Piranesi.
Giovan Battista Piranesi (Mogliano Veneto, 4 ottobre 1720 – Roma, 9 novembre 1778), terminati gli studi in Venezia, si stabilisce a Roma nel 1744. A quest’epoca le rovine romane sono considerate per lo più come un’utile fonte di motivi decorativi o come curiosità interessanti e suggestive. Le incisioni di Piranesi dedicate alle Antichità romane, raccolte in quattro volumi editi nel 1756, diffondono in tutta Europa la sua visione della grandezza romana: essa non è ispirata dal rimpianto per la caduta di un potente impero, bensì è sostenuta dalla commossa ammirazione per la magnificenza ancora sublime dell’architettura antica.
Confrontiamo due diversi approcci alla raffigurazione delle rovine antiche:
J.H. Fussli nell’acquarello “La disperazione dell’artista davanti all’imponenza dei frammenti antichi” (1778-1780) rende la frustrazione dell’uomo dinanzi a un passato insuperabile e irraggiungibile. L’artista sconsolato è seduto, all’interno di una scenografia proiettata contro uno sfondo di pietre, accanto a quel che resta della colossale statua di Costantino, in un isolamento che rende impossibile la ricostruzione ideale della statua stessa e la sua collocazione in un ambiente reale, concreto e misurabile.
Piranesi grazie a un’accorta scelta dei punti di vista e a un drammatico uso della luce e dell’ombra, riesce ad aggiungere nuove dimensioni alle rovine di Roma: le Fondamenta del mausoleo di Adriano sono trasformate in una gigantesca montagna della quale è impossibile intravedere la cima; la nitida “Piramide di Caio Cestio” assume con lui la sovrana grandezza dei faraoni; le colonne del Tempio di Giove Statore vengono circondate di un eroico e solenne isolamento.
In questo modo Piranesi sostituisce all’immagine rococò dell’antichità un’altra immagine più risoluta e veemente, suggerisce nuovi concetti di volumi, convinto che “la dignità e la magnificenza romana” si debbano esprimere attraverso la massa, la poderosa compattezza dei bastioni, la scala ciclopica dei muri. Le sue vedute di interni, infatti, presuppongono uno spazio senza limiti contenuto sotto volte e cupole che sembrano oppresse dalla muratura che le sovrasta.
Il sentimento di “sublime” impotenza di Fùssli diventa dunque in Piranesi un sentimento di “sublime” grandezza del passato e anche dell’uomo che a quel passato è legato.
La fama e la fortuna di Piranesi sono affidate alla sua infaticabile attività di incisore, ma la sua figura acquista un grande rilievo anche per la vivacità di polemista e per la limitata, ma singolarissima produzione architettonica. In questo campo la sua unica opera realizzata è la ristrutturazione della chiesa di Santa Maria del Priorato dell’Ordine di Malta, commissionata nel 1764 dal cardinale Rezzonico, nipote di Clemente XIII e gran priore dell’Ordine.
Il gusto per la dialettica e la contraddizione, spinte fino al paradosso, caratterizza l’attività di Piranesi come studioso dell’antichità e come polemista. Le sue prese di posizione si manifestano negli scritti Della magnificenza ed architettura de’ Romani (1761) e Parere sull’architettura (1765), in cui cerca di dimostrare la superiorità dei romani basandosi sull’esperienza diretta e sulla verifica concreta sui monumenti antichi condotta attraverso gli strumenti professionali di misura e rilevamento. Questa critica attira un violento attacco da parte di Winckelmann e una solenne stroncatura da parte del teorico francese Pierre-Jean Manette, che contesta punto per punto le affermazioni piranesiane riproponendo con forza le tesi rigoriste a favore dell’arte greca. Di fronte alla monotonia e alla ripetitività dei modelli greci che nulla lasciano alla fantasia e alla varietà, Piranesi, in una sfida orgogliosa, risponde:
“Novitatem meam contemnunt ego illorum ignaviam”
(Essi disprezzano la mia novità, io la loro ignavia).
L’influenza di Piranesi si diffonde soprattutto attraverso le sue incisioni delle rovine romane: gli effetti oppressivi e cavernosi che raggiunge nelle sue vedute di interni sono ripresi da John Soane nei suoi disegni per il salone a cupola della Banca d’Inghilterra (1762), nei quali l’architettura romana appare spogliata di tutti i particolari superflui e ridotta a geometrica purezza. Attraverso Soane, il senso spaziale proprio di Piranesi trova espressione nella cattedrale di Baltimora (1805-1818) di Benjamin Henry Latrobe, con le sue superfici levigate e le basse cupole che sembrano opprimere gli archi ribassati che le sostengono. Praticamente in ogni paese, dalla Russia all’America, si diffonde questa visione ciclopica e drammatica dell’architettura, nonché la sua profonda aspirazione all’originalità, da parte di architetti che lavorano sia in stile greco che romano.
Ma l’influenza di Piranesi fu vasta anche per quanto riguarda il settore della decorazione d’interni. La sua opera del 1769 “Diverse maniere d’adornare i cammini ed ogni altra parte degli edifici” ebbe grandissima influenza su tutti gli architetti ed i “designer” del tempo. L’opera comprendeva disegni per tavoli, sedie, vasi e camini. I disegni erano di stile chiaramente neoclassico, e sovraccarichi di motivi “antichi”.
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