La Reggia di Carditello era l'azienda agricola dei Borbone

La Reggia di Carditello era un vanto borbonico, ed il luogo dove nacquero la pizza margherita e la mozzarella.

La Reggia di Carditello era una gigantesca azienda agricola dei Borbone, dove si allevavano cavalli, si facevano ricerche scientifiche zootecniche ed alimentari, e dove nacquero anche la pizza margherita e la mozzarella.

In antichità

I primi insediamenti umani nella zona risalgono al periodo tra il IV sec. a.C. e il IV sec d.C. dove i romani disboscarono la zona, crearono una rete stradale ed avviarono una bonifica delle paludi a fini agricoli ma, nel primo Medioevo, la zona fu abbandonata e tornò paludosa. La successiva emigrazione fu dovuta sia alle invasioni barbariche che al fatto di non essere ricca d’acqua nonostante fosse una zona compresa tra aree fertilissime. Per via della mancata lavorazione dei terreni, del clima estremamente mite, dell’abbondanza di umidità, l'intrinseca fertilità di un terreno di origine vulcanica, fiorì in tutta la regione una vegetazione e una flora del tutto caratteristica. In particolare tutta la zona era ricchissima di bellissimi cespugli di rose selvatiche che la ricoprivano interamente e, non a caso, il sito di Carditello era anticamente chiamato “Mansio Rosarum”, magion delle rose.

La successiva bonifica di cui si ha notizia avvenne per opera di Alfonso I di Aragona Re di Napoli (1080-1134), che dovette frequentare Carditello non soltanto in veste di famoso cacciatore; infatti è proprio dai tempi degli Aragonesi che ha inizio la fama della vocazione zootecnica della tenuta di Carditello, e degli allevamenti di cavalli di razza che qui si tenevano. Finita la dinastia Aragonese Napoli passò attraverso il vicereame spagnolo, fino a giungere al periodo borbonico.

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Il periodo borbonico

In questo periodo non solo si forma la Real Difesa di Carditello, ma viene apprezzata a valorizzata a tal punto dai regnanti, che entra a far parte di quello speciale ramo dell' Amministrazione Borbonica che si occupava dei “Siti Reali” o “Reali Delizie del Regno delle Due Sicilie”, i quali nacquero numerosi proprio durante i primi anni del Regno di Carlo III, tutti a breve distanza dalla capitale, Napoli.
Ed infatti prima ancora che maturasse nella mente di Carlo III l'idea di costruire a Caserta la grande Reggia, concepita come centro di una nuova capitale del Regno di Napoli, passato alla dinastia borbonica per il trattato di Vienna (1738), una delle prime cure del Sovrano, che della caccia era appassionato fino al punto da ritenerla, egli ultimi anni della sua vita, il solo rimedio per vincere il timore di diventare vittima della pazzia, come il suo abulico padre Filippo V, fu quella di acquisire al patrimonio della Corona una serie di località particolarmente adatte all'esercizio di questa antichissima attività.

La scelta del luogo, come si dice nel documento di Platea, fu fatta seguendo la volontà di Carlo III di Borbone, di iniziare anche un allevamento di cavalli di razza; particolarmente adatto a tale scopo si presentava infatti Carditello sia per l'abbondanza di pascoli naturali, sia forse per la presenza di un patrimonio equino già di discreto valore.

Così avvenne per il “sito reale” di Carditello i cui territori, precedentemente divisi tra numerosi piccoli e grandi feudatari, istituti religiosi e altri assegnatari, nel corso di quasi un secolo vennero accorpati in un'unica tenuta che nel 1833 raggiunse la massima estensione di moggia 6.275 pari a circa ettari 2.030, con un perimetro di oltre 16 miglia.

L’architetto Francesco Collecini, tra i principali allievi di Luigi Vanvitelli, l’architetto della Reggia di Caserta, mentre provvedeva a sistemare il palazzo di San Leucio, si occupò anche di Carditello facendogli arrivare un ramo dell’Acquedotto Carolino, con la probabile supervisione del Vanvitelli.

Nel 1759 Carlo di Borbone lasciò il torno al figlio Ferdinando, il quale acquisto ulteriori teritori e fece ultimare il palazzo nel 1785.

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L'architettura

Il progetto di sistemazione dell’area fu affidato al migliore allievo e collaboratore dell’architetto reale Luigi Vanvitelli: Francesco Collecini. Egli progettò una struttura dalla sobria e maestosa eleganza, in parte palazzo reale ed in parte azienda agricola.

La struttura, totalmente simmetrica, è composta da:

  • un edificio centrale a due piani: a piano terra vi erano cucine, l'armeria e le sale per il personale, al piano superiore le aree per i sovrani;
  • ai lati e dietro si diramano capannoni per le attività agricole e agli allevamenti;
  • gli angolo vi sono otto torri usate come case dei lavoratori;

L'insieme colpisce innanzi tutto per l'eleganza e la proporzione delle forme, i colori sobri, e l’affascinante piazza antistante di forma ovoidale ha struttura ed utilizzo simile a quella dei circhi dell’antica Roma: è decorata con fontane, obelischi e un tempietto circolare, e veniva usata per le corse dei cavalli che venivano allevati.

Due scale simmetriche portano al primo piano, quello riservato ai Sovrani, dove ci sono un grande salone di rappresentanza per i banchetti, preceduto da un'anticamera di disimpegno, due grandi salotti e le camere da letto. C’è anche una grande cappella, che si sviluppa per tutta l'altezza della costruzione, con una balconata riservata ai Sovrani ed alla Corte.

Alla decorazione della Palazzina di Carditello posero mano gli stessi artisti che operavano nella Reggia ma, nel tempo, furono riprese e modificate durante un lungo arco di tempo di quasi un secolo.

Così come a San Leucio, la corte ed i lavoratori vivevano a stretto contatto, in quanto ogni ambiente è in stretta connessione con gli altri.

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Pianta della struttura

Gli interni di Carditello

Nel tempo sono stati abbandonati e depredati, attualmente sono in restauro. Gli arredi rimanenti da molto anni sono in custodia in altri musei, anche nella Reggia di Caserta.

L'azienda agricola

La residenza era immersa in una vasta tenuta ricca di boschi, pascoli e seminativi, e si estendeva su di una superficie di 6.305 moggia capuane, corrispondenti a circa 2.100 ettari.

Re Ferdinando IV, a differenza di suo padre, non usava Carditello solo per la caccia, si dedicò con grande passione alla realizzazione di un'agricoltura moderna; proprio a Carditello egli fece avviare un importante allevamento di bestiame da latte per la produzione e la trasformazione di formaggi, ed importò altre razze bovine senza però trascurare le razze locali e particolarmente la specie bufalina.

Carditello, oltreché costituire una riserva di caccia, dove abbondavano cinghiali, cervi, lepri, volpi ed uccelli acquatici di passo, era diventata anche una grande fattoria modello, da cui si traevano derrate di ogni sorta per i bisogni della Corte.

Effettivamente l'azienda doveva essere ben organizzata e ordinata, e per il bestiame da latte erano predisposte delle stalle sparse nella tenuta, le cosidette “vacchereccia” e “bufaleria”, mentre gli otto capannoni che tutt'oggi si vedono, erano adibiti a scuderia per l'importante razza di cavalli che si andava selezionando. I cavalli venivano selezionati per la taglia, la robustezza e la velocità e a tal uopo venne creato l'ampio maneggio centrale dove si svolgevano allenamenti e gare di corsa. Le gare si svolgevano soprattutto nel giorno dell’Ascensione, ma a volte anche in altre ricorrenze.

Fu in occasione dell'inaugurazione ufficiale della Parrocchia di Carditello, dedicata appunto all' Ascensione, nell'anno 1792, che Ferdinando IV istituì questi solenni festeggiamenti.

Da allora ogni anno, il giorno dell’Ascensione, molta gente importante era invitata a Carditello, tutto il popolo era in festa, e nel pomeriggio si svolgevano le corse dei cavalli che in pochi anni divennero famose nella zona, e che avevano come premio per i vincitori proprio i cavalli della pregiata razza di Carditello, più esile, ma più veloce di quella più famosa di Persano.

Il Re Ferdinando IV amava in special modo Carditello perché qui, oltre agli svaghi della caccia e agli interessi agricoli aveva ideato e realizzato una delle opere più importanti e che gli furono più care: la stesura delle leggi per la Colonia di San Leucio.

Negli anni successivi, e coi cambi di sovrani, il sito di Carditello rimase sostanzialmente lo stesso.

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Filippo Palizzi – Il Real sito di Carditello. scena campestre con figure – 1851

L'importanza di Carditello

è poco noto ma la mozzarella e la pizza margherita nacquero grazie alla volontà dei Borbone nell’azienda di Carditello.

La nascita della mozzarella e della pizza

è poco noto ma la mozzarella e la pizza margherita nacquero grazie alla volontà dei Borbone nell’azienda di Carditello.

Pizza e mozzarella nacquero grazie a Carditello

Una giornata di Caccia a Carditello

Una descrizione assai viva di come si svolgeva una partita di caccia (al cinghiale), precisamente a Carditello si trova in un brano pubblicato a Londra nel 1826 scritto da Lady Craven, ospite col marito, margravio di Anspach, di re Ferdinando, e ci piace riportarlo integralmente nella trascrizione del De Filippi:

" ... i cacciatori si radunavano in una radura cinta di boscaglie, e dai cespugli e dalle macchie si fanno uscire i cinghiali. Addosso alla povera bestia si lanciano subito i cani; ogni cacciatore è armato di una picca onde cerca di colpire lo animale al passaggio, mentre già i cani ne hanno resa vana la resistenza. Si batte la pianura a parecchie riprese e quando non più e ne cava fuori alcun cinghiale la caccia finisce e lo spiazzo è disseminato di queste bestie ammazzate. A caccia finita tutti si radunano intorno al re ed egli con la penna in mano, aspetta che ciascun pezzo di caccia gli fosse posto davanti. Allora egli stesso annotava il peso di ciascun cinghiale, i nomi di coloro che l'avevano ammazzato, la data dell'anno e del giorno ed il luogo della caccia. Alle bestie si strappavano le zanne, le si lavava e ripuliva accuratamente, poi pigliavan posto in tante foderi ne di un piccolo mobile costruito per esse e a ciascuni di quei trofei veniva attaccato un cartellino col nome del cacciatore che aveva ucciso la bestia e la data della uccisione. Poi il re mettevasi a tavola per consumare un pasto frugale".

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Gaetano Dura – Caccia alla volpe a Carditello nel 1849 – (Certosa di San Martino)

L'abbandono dopo l'Unità d’Italia

Con l'avvento dei Savoia la tenuta di Carditello tornò ad essere principalmente una riserva di caccia e gli edifici, e tra questi particolarmente la palazzina centrale sempre meno abitata e più incustodita, andarono lentamente ma progressivamente logorandosi. Fu un periodo molto complicato per Carditello (rivolte, furti, estorsioni), e quando i Savoia affidarono la "custodia" di Carditello ad uno dei più pericolosi criminali e camorristi della zona, il Palazzo cominciò ad essere sistematicamente spogliato dei pregevoli pezzi d'arte.

I Savoia frequentarono solo sporadicamente la tenuta di caccia di Carditello, e questo fino al 1919 anno in cui la tenuta venne donata all'Opera Nazionale Combattenti, che donò una piccola parte dei terreni ai reduci di guerra.

Nel 1924 lo Stato espropriò 145 ettari di terreno per creare un deposito di armi e munizioni, ed un incendio accidentale creò un’esplosione che fece grandi danni a tutte le strutture di Carditello.

Nel 1930 tutti i terreni furono smembrati e venduti. Nel 1968 si avviarono dei lavori di restauro finanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno e dalla Regione Campania.

Pertanto Carditello dopo l'Unità d'Italia, subì una sorte di abbandono e smembramento simile alla Reggia di Portici

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La storia recente

Successivamente fu di nuovo abbandonata e, negli anni, fu saccheggiata pesantemente. Nel 2004 la Sovrintendenza finalmente mise la Reggia di Carditello sotto tutela, e nel 2013, grazie alla volontà del Ministro della Cultura Massimo Bray, fu acquistata dallo Stato ed iniziò il suo restauro.

Attualmente la struttura è gestita dalla Fondazione Carditello che si sta occupando del suo restauro, perciò il sito non è al momento visitabile tranne in particolari occasioni.

Manifestazione che rievoca le corse di cavalli a Carditello

Tommaso Cestrone, l'Angelo di Carditello

Se, nonostante le precedenti depredazioni, oggi è rimasto qualcosa di questo Palazzo lo si deve all’opera di Tommaso Cestrone che, gratuitamente, se n’è preso cura tagliando le erbacce, ripulendolo e sorvegliandolo, ricevendo anche minacce di morte. Purtroppo morì nel 2013 prima che il Ministro Bray acquistasse la tenuta, ma è da tutti ricordato come l’Angelo di Carditello.

La sua pagina Facebook

Nonostante sia morto nel 2013 la sua pagina Facebook è ancora visibile a testimonianza del suo grande lavoro di tutela:

https://www.facebook.com/tommaso.cestrone.3

Tommaso Cestrone

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