Palazzo Mondo, dimora del pittore del '700 Domenico Mondo, è un esempio di architettura aristocratica dell'Italia Meridionale tra il barocco e il neoclassico.

Storia di Palazzo Mondo

Il Palazzo Mondo, della seconda metà del sec. XVIII, è un esempio di transizione stilistica tra il gusto rococò e il gusto neoclassico di ispirazione archeologica e rappresenta perfettamente l'architettura aristocratica dell'Italia meridionale.

L’appartamento del primo piano, frammentariamente conservato, è ricco di suggestioni.

Si possono visitare un salotto rococò affrescato sulle pareti e sulla volta, la camera da pranzo, una sala dedicata ai progetti vanvitelliani della Reggia di Caserta, uno studio dipinto in giallo e decorato con bordi all’etrusca, una camera da letto con pareti dipinte in rosso pompeiano e bordi all’antica, una saletta di preghiera.

Sulla volta affrescata del salotto rococò, si possono ammirare le prospettive architettoniche dipinte dai fratelli Magri, pittori scenografi della scuola del Bibiena, e negli angoli riconoscere le figure allegoriche dipinte dal pittore Domenico Mondo (Capodrise 1723 - Napoli 1806), raffiguranti le Virtù Cardinali (Fede, Speranza, Carità) e le Virtù Teologali (Fortezza, Prudenza, Giustizia, Temperanza).

Il pittore Domenico Mondo, formatosi a Napoli alla bottega del famoso Francesco Solimena, visse a Capodrise fino al 1789, anno in cui fu nominato, congiuntamente al pittore neoclassico Wilhelm Tischbein, direttore dell’Accademia Reale del Disegno a Napoli.

Un unico tratto coloristico e una nostalgica atmosfera delineano la fisionomia del cortile giardino, chiuso tra alti muri di tufo e ambienti rustici di piano terra.

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Il Palazzo Mondo, della seconda metà del sec. XVIII, è un esempio di transizione stilistica
tra il gusto rococò e il gusto neoclassico di ispirazione archeologica. L’appartamento del primo piano, frammentariamente conservato, è ricco di suggestioni.

Si possono visitare un salotto rococò affrescato sulle pareti e sulla volta, la camera da pranzo, una sala dedicata ai progetti vanvitelliani della Reggia di Caserta, uno studio dipinto in giallo e decorato con bordi all’etrusca, una camera da letto con pareti dipinte in rosso pompeiano e bordi all’antica, una saletta di preghiera.

Sulla volta affrescata del salotto rococò, si possono ammirare le prospettive architettoniche dipinte dai fratelli Magri, pittori scenografi della scuola del Bibiena, e negli angoli riconoscere le figure allegoriche dipinte dal pittore Domenico Mondo (Capodrise 1723 – Napoli 1806), raffiguranti le Virtù Cardinali (Fede, Speranza, Carità) e le Virtù Teologali (Fortezza, Prudenza, Giustizia, Temperanza).

Il pittore Domenico Mondo, formatosi a Napoli alla bottega del famoso Francesco Solimena, visse a Capodrise fino al 1789, anno in cui fu nominato, congiuntamente al pittore neoclassico Wilhelm Tischbein, direttore dell’Accademia Reale del Disegno a Napoli.

Un unico tratto coloristico e una nostalgica atmosfera delineano la fisionomia del cortile giardino, chiuso tra alti muri di tufo e ambienti rustici di piano terra.

tratto da https://www.dimorestoricheitaliane.it/dimora/palazzo-mondo-capodrise/

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Le sale

Sala d'angolo

Il salotto d’angolo (detto anche “Sala delle Virtù” o “Sala Rococò”) presenta una pavimentazione in cotto arricchita da un riquadro maiolicato. La semplicità delle piastrelle bilancia la sontuosità decorativa del soffitto e delle pareti. Queste, infatti, sono impreziosite dagli affreschi tardo barocchi di Domenico Mondo (Capodrise 1723, Napoli 1806).

L’artista, allievo del pittore ed architetto Francesco Solimena, ereditò dal padre Marco molti interessi. Esso, quindi, pur prediligendo la pittura si occupò di letteratura, musica e poesia. Il suo stile pittorico, caratterizzato da ampi volumi, colorazioni cangianti e gestualità teatrali, fu molto apprezzato da Luigi Vanvitelli che, di conseguenza, lo volle nella cerchia di artisti impegnati nei lavori della Reggia di Caserta. Per essa, nel 1785, Mondo affrescò la Sala degli Alabardieri, raffigurando “Le Armi di Casa Borbone sostenute dalle Virtù”. Finalmente, nel 1789 il Re Ferdinando IV di Borbone gli assegna la direzione della Real Accademia di Belle Arti di Napoli insieme al tedesco J.H.W. Tischbein.
Il “Trompe l’oeil” della Casa Museo, realizzato tra gli anni Sessanta e Settanta, sembra essere l’unica opera elaborata dal pittore per un edificio privato. Sul soffitto c’è una prospettiva centrale, mentre, negli angoli ammiriamo le allegorie delle Virtù Teologali (Fede, Speranza, Carità, Giustizia) e delle Virtù Cardinali (Fortezza, Prudenza, Temperanza). Esse sono abbinate a due a due come segue: la Temperanza (nell’atto di mescolare acqua e vino) con la Carità (che allatta i bambini), la Fortezza ( che indossa l’armatura) con la Speranza (che regge un’ancora), la Prudenza (munita di uno specchio) con la Fede (che stringe una candela accesa).
Nell’affresco appare evidente l’assenza della Giustizia, in sostituzione della quale abbiamo altre due figure femminili. Esse simboleggiano l’impegno matrimoniale. La donna vestita di verde a destra, mantiene un nastro annodato, allegoria dell’unione coniugale, e la donna di sinistra regge un giogo, metafora della pazienza. Le otto figure allegoriche sono inserite nelle illusorie architetture dei fratelli Magri, adorne di fiori, frutti ed altri elementi decorativi.

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Lo studio

Il salotto studio presenta pareti di colore giallo ed è in stile neoclassico. La tinta ricorda quella in uso presso le abitazioni di Ercolano. La città, sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., tornò alla luce nel 1709 ad opera del contadino Ambrogio Nocerino che scoprì il sito mentre scavava un pozzo per irrigare il suo orto.

Uno dei temi più diffusi per intrattenere gli invitati prendeva il nome di “Vases and Volcanoes” (Vasi e Vulcani). Infatti, nel Settecento le eruzioni e gli scavi archeologici erano argomenti di notevole interesse e di assoluta novità.

La stanza è l’espressione del gusto nascente, ispirato all’arte classica greco-romana ed al sistema estetico vascolare dei manufatti greci. Nelle tombe romane si cercavano oggetti che, per forme e stile, rientravano in una produzione vascolare identificata, con l’espressione “gusto all’etrusca”. In realtà non era semplice trovare anfore greche del VII secolo avanti Cristo, periodo in cui l’Italia era abitata da popolazioni sannite e da greci; talvolta, infatti, si rinvenivano manufatti che facevano riferimento alla cultura primitiva di Cnosso e Festo. Tali oggetti, anche se più antichi di cinque secoli, venivano spesso scartati e lasciati nelle tombe.

Interessante sottolineare a tal riguardo che la stanza custodisce una piccola collezione di reperti archeologici. Essa è costituita da vasi greci, antefisse e oggetti più arcaici, tra i quali spicca un pregevole manufatto con struttura a totem e corna apotropaiche. Nella vetrina ci sono anche elementi provenienti dal mondo naturale, come conchiglie, pietre e insetti. Inoltre, sulle pareti, sono esposte alcune incisioni di artisti del Settecento che riproducono mosaici di Ercolano e Pompei.

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Salone della Galleria (Anticamera)

Il “Salone della Galleria”, o anticamera, che precede la “Sala Rococò” con gli affreschi di Domenico Mondo, è quel che resta di un ampio ambiente di rappresentanza che originariamente era servito da un balcone centrale e due finestre laterali. Le pareti della stanza sono impreziosite dagli affreschi dei fratelli Giuseppe e Gaetano Magri, pittori quadraturisti della corte Borbonica. Appare doveroso, a tal proposito, ricordare che Gaetano Magri lavorò alla realizzazione delle decorazioni del Teatro di Corte della Reggia di Caserta e dipinse, altresì, gli affreschi della Villa del Cardinale Spinelli di Torre del Greco. Il “Trompe l’oeil” della casa-museo simula una lunga galleria che si apre verso l’osservatore e dona la percezione di uno spazio delimitato da una serie di colonne verdi su alti plinti. Nel XIX secolo, a seguito del frazionamento del palazzo, il grande salone fu separato in due da una parete divisoria, al centro della quale oggi è collocato il caminetto d’epoca che, un tempo, si trovava in fondo alla sala. Ad un’attenta osservazione appare evidente che gli affreschi presenti nell’anticamera della casa-museo un tempo proseguivano oltre la parete divisoria a specchio. Procedendo dalla camera da pranzo, balza subito all’occhio una dispensa contenente un delizioso servizio di tazze e piattini di porcellana del Settecento.
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Sala dei Trofei

La “Sala dei Trofei”, alla quale si accede da via Francesco Rao, è ricca di arredi e suggestioni. Un tempo adibita ad ambiente di servizio, è chiamata così per i trofei con corna di cervo e di alce che ne adornano le pareti. Essi sono la diretta testimonianza degli usi e delle abitudini di una nobiltà locale che amava esibirsi ed esercitarsi nelle attività della caccia. Al centro domina un tavolo ovale ma, volgendo lo sguardo verso destra, notiamo un interessante mobile trasformista. Si tratta di un armadio con cassetto estraibile che, una volta aperto, diventa un altare. Grazie ad esso il sacerdote poteva celebrare la messa all’interno di ambienti privati.
Il mobile è munito anche di un piano di appoggio su cui sono adagiate composizioni floreali, candele ed altri oggetti e sul fondo dello stesso apprezziamo alcuni dipinti attribuiti alla Scuola del Solimena e vecchi arredi sacri.

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Sala da pranzo

L’ampia Sala da Pranzo del piano nobile è caratterizzata da arredi ed elementi che testimoniano l’interesse neoclassico per l’archeologia. Ci sono, infatti, incisioni e repliche dei manufatti rinvenuti a Pompei ed Ercolano. Questi oggetti erano veri e propri souvenir del Grand Tour (grande giro). Si trattava di un lungo e faticoso viaggio intrapreso dai giovani aristocratici per il completamento della propria istruzione. I giovani rampolli si spostavano a cavallo e alloggiavano presso le grandi famiglie nobili, spingendosi coraggiosamente fino a Napoli. Quest’ultima, vicina all’Africa, era considerata una città molto pericolosa. I giovani aristocratici scrivevano appunti, riproducevano oggetti, dipinti ed architetture antiche. Erano, dunque, i veri divulgatori del rinnovato interesse per l’arte greco-romana. Nell’Ottocento, con l’affermarsi della borghesia, una classe sociale costituita da mercanti ed imprenditori, cambia la mentalità ed il modo di viaggiare. Il Grand Tour si conclude agli inizi del Novecento per dar spazio all’avvento del turismo di massa.

In questa sala possiamo ammirare due grandi tele del Settecento realizzate con la tecnica ad olio (cm 150X252). Le due opere sono intitolate “Scena galante in un giardino con suonatore di flauto” e “Scena galante in un giardino con suonatori di mandolone e tamburello”. Esse raffigurano scene di concerto tra fiori, frutti e vasellami e si ricollegano al filone della pittura di genere e della natura morta. Quest’ultima raggiunse il suo massimo splendore nel Seicento in seguito alle novità pittoriche introdotte da Caravaggio, ma nella seconda metà del Settecento, con l’avvento dell’Illuminismo e del nuovo stile, perde gradualmente importanza. Fra i vari oggetti, notiamo anche una sedia portantina che veniva usata dai nobili dell’epoca per effettuare spostamenti in totale riservatezza. Era utilizzata anche all’interno di ambienti molto grandi, come la Reggia di Caserta ed il Vaticano a Roma.

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Sala da pranzo al pianoterra

La sala da pranzo a piano terra, passaggio obbligato per chi accede al cortile provenendo dalla sala dei trofei, è molto ampia e contiene un lungo tavolo. Questa camera è utilizzata come sede degli incontri istituzionali dell’associazione Gia.D.A. (Giardini e Dimore dell’Armonia) e dell’Associazione delle Dimore Storiche Italiane (ADSI). Per alcuni anni ha ospitato anche i soci della fondazione FAI (fondo per l’ambiente italiano).

Stanza da letto

La camera da letto, presente al secondo piano, comprende arredi di tipo neoclassico anche se ci sono mescolanze con il gusto barocco rappresentato dal baldacchino di tipo barocco ma la realizzazione del drappeggio morbido è di tipo neoclassico. Sono presenti elementi che anticipano il movimento successivo al barocco ossia il neogotico e tali elementi sono la culla, particolare nel suono in quanto venne realizzata affinchè i bambini, sentendo tale suono simile al cuore di una mamma, facilmente si addormentassero. Per evitare di essere visti dall’esterno, venivano usate delle tende in seta dipinte in modo da non far vedere nulla, quindi è ben chiaro del senso di pudore che esisteva nel palazzo e l’idea del guardare consisteva nel paesaggi e non nelle campagne. e presente un quadro dell’epoca di Domenico Mondo, attribuito o a quest’ultimo o a Paolo Di Maio di gusto barocco, raffigurante l’infusione della sapienza ad un santo da parte di un angelo da un cielo barocco. Oltre a questo quadro, sono presenti altri dipinti di scuola settecentesca di cui no si sa l’identità e sono delle donazioni e si pensa siano delle persone conosciute da Domenico Mondo perché l’epoca e il vestiario richiamano la sua epoca. Le figure del quadro sono donne, alcune vestite secondo il gusto barocco con parrucche bianche che caratterizzavano quell’epoca, altre invece hanno un vestiario appartenente all’epoca del classicismo archeologico che prevedeva che le donne portassero i capelli sciolti, lisci e senza lll’uso di talchi bianchi e ne finti e il loro vestiario era alla reca cioè si vestivano come le statue greche. All’esterno le finestre sono ornate da trabeazioni a triangolo e a lunetta, ricordando un’architettura d’epoca.

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Saletta di preghiera

“Saletta di Preghiera”, poco ampia ma incantevole, custodisce la statua lignea della Madonna Pellegrina. Venne chiamata così perchè portata in giro per raccogliere fondi utili al restauro della chiesa di Capodrise. La statua è un automa semovente e fu un dono della Marchesa Luisa Cocozza di Montanara, proprietaria del Palazzo Cocozza di Piedimonte di Casolla. La statua che è somigliante, nei lineamenti, nei capelli e nel colore dell’incarnato, alla Regina di Napoli, rappresenta, in una sorta di simmetria fra cielo e terra, la chiara corrispondenza tra Maria Carolina d’Asburgo Lorena, regina in terra, con la Madonna, Regina dei Cieli. Bisogna ricordare che indossa un abito in broccato di seta rossa con fantasie floreali color oro e argento donato dalla stessa Sovrana di Napoli. All’interno della stanza, proprio davanti alla statua, c’è un mobile trasformista di colore rosso scuro che, all’occorrenza, da poltrona diventa inginocchiatoio.

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Il giardino

Il pittoresco cortile-giardino, ideato dall’Architetto Nicola Tartaglione, è caratterizzato dalla perfetta commistione di forme naturali ed artificiali. I lunghi e contorti fusti delle aralie papyrifere si estendono ad abbracciare tutti gli elementi architettonici, dal pozzo alle arcate. Il risultato è vibrante e restituisce la percezione di un regno nel quale l’ordine diventa complice del caso. Le tinte degli arredi esterni richiamano i colori delle fioriture delle dature, degli agapanti e delle aralie. Il cortile-giardino ospita un vecchio forno a legna ed offre l’accesso alle antiche stalle. Percorrendo lo spazio verdeggiante scopriamo due olle romane ed altri reperti archeologici rinvenuti nelle campagne dei dintorni che, come la casa-museo, sono sottoposti al vincolo storico-artistico. Le olle sono vasi del II secolo a. C. utili alla conservazione di olio e grano che venivano collocati sotto il livello del suolo affinché le derrate alimentari ricevessero rapporti stabili e costanti di umidità.

Sul lato del cortile che costeggia via Domenico Mondo c’è una scala costruita a metà Ottocento. Essa rappresenta l’unico accesso al primo piano ed è caratterizzata dalla presenza di due busti marmorei. Il piano nobile è introdotto da una loggia con ampie arcate ed è servito da un bagno settecentesco. Quest’ultimo, concepito come sversatoio ed utilizzato dai signori per mezzo della servitù, è rivestito di maioliche decorate con fantasie geometriche.

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L'artista Domenico Mondo

Domenico Mondo (1723-1806) nacque a Capodrise, presso Caserta. Sin da giovane fu indirizzato alla pittura e, attraverso contatti con pittori della cerchia di Francesco Solimena, proprio nella prolifica bottega di quest’ultimo il Mondo si formò.

Gli anni in cui il M. frequentò la bottega di Solimena sono quelli del ritorno del maestro alla grande tradizione della pittura barocca napoletana, dopo un lungo periodo di avvicinamento al classicismo romano. Il «tenebrismo» e la pittura fortemente macchiata di questa fase estrema della produzione di Solimena caratterizzano le prime prove del Mondo. Del 1747, anno di morte del maestro, è la pala con S. Marco e la Fede nella chiesa di S. Andrea a Capodrise; per lo stesso edificio, sua chiesa parrocchiale, il M. eseguì negli anni successivi altre tre pale d’altare.

Al principio del sesto decennio è databile l’Assunzione della Vergine in S. Maria Assunta a Recale, ancora nel Casertano.

Quel che è più attraente del M. sono i suoi studi a penna, il cui effetto estremamente pittorico dichiara una spiccata vocazione per il momento puramente inventivo, ovvero per quella fase del processo creativo cui l’artista sembra essere stato più interessato. È verosimile che egli concepisse almeno parte dei suoi disegni come opere fini a se stesse e non come semplici studi preliminari a un dipinto. L’originalità e l’eleganza dello stile grafico del M. fanno di lui, a buon diritto, «il più brillante dei solimeneschi napoletani»

Con la morte del padre, nel 1761, iniziò per il M. un periodo di difficoltà economiche che lo accompagnarono fino alla morte. Almeno in parte, queste dovettero essere conseguenza di scelte non troppo oculate.

All’inizio dell’ottavo decennio il M. ottenne finalmente alcuni importanti riconoscimenti ufficiali: nel 1771 fece il suo ingresso nella Reale Accademia del disegno; l’anno seguente Vanvitelli lo chiamò a lavorare nel Palazzo reale di Caserta. Il nostro Francesco Mondo sottoscrisse, inoltre, il contratto relativo all’esecuzione di una serie di tele destinate alla chiesa dell’Annunziata a Marcianise, affrescò il Trionfo delle armi borboniche sostenute dalle Virtù sulla volta del salone degli Alabardieri nella reggia casertana, composizione alquanto farraginosa la cui elaborazione è documentata da diversi studi grafici e da un bozzetto, oggi, al Louvre di Parigi.

Tratto da https://informareonline.com/domenico-mondo-artista-barocco-origini-casertane

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Il suo affresco nella Sala degli Alabardieri nella Reggia di Caserta

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